Periodico di informazione della sezione di Siena – Settembre 2025
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INTERVISTA A MARIA SALARIS
Medaglia d’argento al campionato Nazionale di tiro con l’arco
di Antonio Garosi
Incontriamo Maria Salaris a Poggibonsi all’uscita dal campo di tiro al termine del suo allenamento, ci sembra rilassata ma soprattutto soddisfatta della prova appena portata a termine, ci prepariamo così a scambiare quattro chiacchiere.
Come dove e perché hai cominciato a tirare con l’arco? Ho cominciato tredici anni fa con gli Arceri Senesi un giorno ho incontrato un mio amico: Massimo Vita gli ho chiesto: “Dove vai?” mi ha risposto che andava ad allenarsi al tiro con l’arco e che se volevo potevo provare anche io, così ho provato e dopo tanti anni ho ancora l’arco in mano.
Quali sono le attrezzature che utilizzate?
Sotto i piedi abbiamo una barra di ferro che serve per tenere i piedi nella posizione corretta, una sbarra verticale sulla quale viene poggiato il mirino tattile importantissimo per capire l’esatta direzione nella quale tirare. Molto importante è anche l’aiuto di un assistente vedente per decidere quale è l’esatta posizione per il mirino tattile.
Cosa è più importante la forma fisica o la concentrazione?
Decisamente la concentrazione, la forma fisica sicuramente aiuta, ma non è fondamentale, per questo motivo si può iniziare a otto anni e andare avanti sin quando il fisico ti consente di continuare. È importante il controllo dei movimenti e quello delle emozioni. In particolare questo nazionale poteva andare meglio se la testa non mi avesse giocato un brutto scherzo.
A quali competizioni hai partecipato?
Nel corso degli anni ho fatto tantissime gare, in particolare interregionali, che sono gare di allenamento. Altro discorso è il campionato nazionale, nel quale di arcieri non vedenti in toscana siamo in due e può capitare di trovarsi uno contro l’altro.
Quale gara ricordi con particolare piacere?
Anche l’ultima che ho fatto, mi sono giocata il bronzo riuscendo a vincerlo, ma molto di più quella dello scorso anno, perché lo scontro diretto che ho fatto per il bronzo è stato bellissimo: eravamo a pari punti con Barbara se arrivi in fondo alle volée a pari punti devi fare lo shot off cioè uno spareggio con un solo tiro a disposizione, quella volta è andata molto bene per me perché lei si è emozionata e ha buttato fuori la freccia totalizzando zero punti, io mi sono presa tutto il tempo a disposizione, tanto che la gente dietro di me diceva: “Ma quando tira?” ho cercato la giusta concentrazione e sono andata a punti, c’è stata un esplosione di gioia da parte del pubblico.
Progetti futuri?
Per quanto riguarda i progetti futuri mi sono ripromessa di provare a vincere il nazionale, perché io non ho mai vinto il nazionale ci sono andata vicina vincendo cinque volte l’argento mai l’oro, perciò ho deciso che smetterò quando vincerò la medaglia d’oro!
Puoi raccontarci un aneddoto simpatico che ti è capitato durante una gara?
Di cose simpatiche ne sono capitate diverse nel corso degli anni Una di quelle che mi è rimasta più impressa è capitata con un’arciera di Milano mia amica con la quale ci scontriamo spesso è capitato una volta che ha vinto lei e siccome è magrissima me la sono presa in collo e l’ho tirata su, per complimentarmi, non ci sarebbe stato nulla di strano se non che il fotografo della manifestazione ha preso proprio quel momento e lo scatto è finito tra quelli da ricordare per quella
competizione. Un’altra volta un giudice mi ha bloccato per fare la fotografia della volée che avevo appena concluso essendo un’arciera non vedente avevo fatto un punteggio di 28 cioè due dieci e due nove che è un punteggione anche per chi vede. Perciò ha fermato tutto per fotografare.
Maria Salaris ha dedicato la medaglia vinta a Tiziano Faraoni il suo allenatore per molti anni che è recentemente scomparso, con il quale Aveva fatto un programma di avvicinamento al nazionale veramente tosto, tanto da essere in grande forma a Gennaio.
Infine un invito a chiunque volesse provare questo bellissimo sport a farlo, magari nella palestra più vicina a casa propria.
TERAPIA GENICA
INTERVISTA AL PROFESSOR CLAUDIO TRAVERSI
di Massimo Vita
Lettrici e lettori, per far chiarezza sulla terapia genica per le persone con retinite pigmentosa ho intervistato il professor Claudio Traversi già docente presso l’università di Siena.
In particolare l’ho intervistato su radio Risorse in merito alle ricerche della professoressa Simonelli della seconda università di Napoli.
D. Professore, Buonasera facciamo chiarezza su questa che innegabilmente è una buona notizia, ma ha delle limitazioni, ci sono delle cose a cui stare attenti. Mi riferisco alle ricerche portate avanti dalla professoressa Simonelli di Napoli.
R. Allora, quello che è stato riportato dagli organi di stampa e è vero e rappresenta una speranza. Riguarda il trattamento con questa terapia genica, devo dire, nuova, molto interessante, che però ad oggi è limitata a una forma determinata, quindi con un’anomalia genetica che si chiama malattia di usher che è caratterizzata da una sordità e da una malattia della retina che è la retinite pigmentosa la quale è molto rara. In un paziente trattato circa un anno fa si è avuto non il passaggio dalla cecità alla visione, ma un miglioramento da una vista che comunque c’era, anche se molto ridotta, ad una vista per quanto riguarda la
visione centrale. sono le notizie che sono arrivate i dicono che è migliorata sia come acuità visiva, sia soprattutto come miglioramento di visione nell’ambiente che è il limite maggiore di questa forma della retinite pigmentosa. Quindi ad oggi sono teoricamente eleggibili a questo tipo di terapia solo quelle persone che hanno questa forma particolare che è determinata poi non solo dal quadro clinico, quindi la sordità e dalla retinite pigmentosa, ma anche da un’analisi genetica che mette in evidenza la mutazione e solo quel tipo di mutazione ad oggi eh viene trattata e quindi eh quello che Chi ci legge deve sapere. La Prof. Simonelli, il suo gruppo e il centro di genetica di Napoli hanno individuato una proteina carente in alcune persone, la cui mancanza porta ad una progressiva distruzione del tessuto retinico con evoluzione verso una malattia che prende il nome di retinite pigmentosa che si caratterizza per riduzione della vista e soprattutto del campo visivo che determina l’impossibilità di muoversi. Ne esistono varie forme, a seconda del gene alterato.
Si possono associare altre patologie come ad esempio la sordità presente nella sindrome di Usher di cui era affetto il paziente trattato a Napoli
D. Si deve tener conto che non è il classico intervento tipo le cataratte per le quali una persona va dal chirurgo migliore che ritiene e domani mattina fa l’intervento riprendendo la vista. È da fare tutta una serie di esami preliminari che ci risulta non semplici e non immediate e non di breve durata per poi entrare in un protocollo e non è detto che i risultati genetici diano poi questa possibilità, giusto?
R. Giusto. Perché solo i pazienti che hanno quel tipo particolare di mutazione genetica ad oggi vengono trattati perché il protocollo è questo perché siamo in una fase iniziale, quindi prima di estendere e capire quello che si può fare passerà tempo. Questo perché di fondo che cosa si fa? Viene veicolato su un virus, una
proteina che è quella che manca alle cellule di retiniche di queste persone e questa viene iniettata con un intervento chirurgico sotto la retina. Questa va a far sì che venga poi eh prodotta la proteina corretta e che quindi la retina ricomincia a funzionare. Quindi è un qualcosa che riguarda solo quel tipo di persone che
hanno quel tipo di mutazione. Non è applicabile. Ma diciamo sarebbe perfettamente inutile in altre forme di retinite pigmentosa, tanto più in altre malattie della retina, come quella che poi ora è la più diffusa, la quella che crea più allarme nelle persone di una certa età che la maculopatia legata all’età. Giusto, l’intervento consiste nell’iniettare sotto la retina dei vettori virali che veicolano la proteina mancante, perché non prodotta , in questo modo la retina , lentamente produce la proteina corretta e migliora la sua funzione, solo chi ha quella specifica mutazione , molto rara, può avere un beneficio da questo trattamento.
La selezione dei potenziali candidati al trattamento prevede una serie di test sia clinici che di laboratorio per individuare i pazienti che possono sottoporsi al trattamento.
D. professore, sulla maculopatia invece ci sono novità sulla ricerca?
R. Le novità, diciamo, seguono un po’ questo filone a Anche se devo dire che ad oggi purtroppo quella che è la genetica non è che ha dato grandi risultati, ha consentito di identificare persone, chiamiamole più a rischio, ma niente di più. Tant’è vero che dopo una prima fase in cui eh erano disponibili test genetici per, diciamo, identificare queste persone, considerando che poi una volta identificato la la presenza del gene, automaticamente non voleva dire che la persona poteva sviluppare la malattia e comunque non si poteva fare niente per l’eventuale comparsa della malattia. Il tutto è stato abbandonato giustamente perché rimane
rimaneva solo una un qualcosa fino a se stesso con il rischio di creare apprensione, paura in quelle persone che magari avevano in famiglia dei familiari, di parenti con maculopatia e quindi vivevano nel terrore di poi poterla sviluppare. Comunque sì, certo. La strada sicuramente è questa, ma eh si passa da malattie come questa che è una malattia rara e per diciamo le forme più comuni come la maculopatia legata all’età bisogna prima passare da una precisa identificazione di quella che è la alterazione genetica per poter poi far veicolare la proteina a questi virus e poter dare modo alla retina di ricostituirsi. Il tutto è ammesso che sia possibile, ma nei tempi lunghi, non nei tempi brevi. Per le forme di maculopatie più comuni, quelle legate all’età purtroppo, ad oggi, non esistono terapie capaci di interferire con il meccanismo che le provoca, esiste sicuramente una componente ereditaria ma ad oggi non è ben identificata ed un trattamento come quello fatto a Napoli non è possibile. Per le forme umide le iniezioni intravitreali e per le forme secche le terapie con integratori sono ad oggi quello che è possibile fare
D. Certo. Ma in qualche altra patologia ci sono altre notizie, per esempio nell’impianto di cellule staminali?
R. Dunque la i tentativi con cellule staminali sono stati fatti, ma diciamo di fondo non hanno portato a niente perché eh le cellule staminali, che dovrebbero essere poi quelle retiniche eh dovrebbero poi rigenerare un tessuto, ma ad oggi tutto questo non è possibile. Bisogna anche considerare che ci sono dei limiti proprio dal, perlomeno per le per l’Italia ed altri paesi, dei limiti proprio dal punto di vista deontologico, perché la retina è un tessuto di tipo nervoso e quindi già le cellule staminali nervose e sono eh diciamo disciplinati in modo stretto perché teoricamente ecco, si potrebbe ricostruire addirittura il sistema nervoso centrale, ma comunque ad oggi non c’è niente che suffraghi una qualche evoluzione nei tempi brevi.
Le cellule staminali sono capaci di differenziarsi e riparare, formando tessuto sano alcune patologie come, ad esempio quelle articolari.
Per l’occhio e per il sistema nervoso centrale non ci sono prove che sia possibile
D. Mi veniva a me un dubbio, siccome sulle notizie di stampa Questo comporta anche il fatto che i pazienti devono avere un certo stato di salute, giusto?
R. E sì, ma diciamo che è chiaro che la filosofia, il principio sarebbe quello di come avviene un po’ per altri tessuti, tipo le ossa, le cartilagini, andare a portare il tessuto capace poi di generare tessuto sano dove è stato danneggiato, dove manca. Certo. Ma questo è possibile in tessuti come appunto le cartilagini, le ossa o altri distretti, ma nel tessuto, nel sistema nervoso centrale ad oggi non ci sono notizie di cellule staminali capaci poi di rigenerare tessuto sano. Eh, sarebbe una un bel risultato, sperando che prima o poi qualcosa arriverà. Considerazione finale: La salute generale, quindi un sistema immunitario ben funzionante, l’assenza di patologie generali, quali ad esempio il diabete sicuramente sono importanti. Penso che se si spendessero più soldi per la ricerca, forse qualche risultato ci potrebbe essere anche sul piano tecnologico, no? Dicevo l’altro giorno a una persona che dallo spazio riescono a leggere perfettamente la targa di una macchina e poi a noi questi strumenti non vengono concessi per poter leggere, per poter essere un po’ più autonomi. Professore, io come al solito la ringrazio per la chiarezza, per la gentilezza e la disponibilità che ha nei miei confronti e nei confronti di chi ci legge e le auguro buona estate Alle amiche e agli amici lettori suggerisco di prestare attenzione alle evoluzioni scientifiche ma con scrupolo e cercando di prestare attenzione alle notizie ufficiali più che alle notizie di stampa. La dottoressa Simonelli è una scienziata molto importante e sta procedendo con assoluta prudenza e serietà.
PER DIRTI T’AMO
di Massimo Vita
Cari lettrici e Cari lettori, in questo numero vi presento il mio secondo libro che, come nel titolo di questo articolo si chiama “Per dirti t’amo”. Il libro, come potrete leggere è dedicato al miracolo della mia vita (mia moglie Maria Domenica) e ai nostri tre miracoli (Sandro, Sara e Giulia).
Si tratta, come potrete comprendere dalla lettura del retro di copertina, di un libro di poesie. Troverete la semplice espressione della mia anima nei momenti più diversi della mia esistenza. Spero vi piaccia e se mi farete conoscere i vostri pensieri ve ne sarò grato. La poesia, come la musica è espressione dell’anima e non ha canoni e limitazioni.
Retro di copertina
Cosa state per leggere
La raccolta «Per dirti t’amo» è costituita da pensieri e poesie di vario genere che non rispettano particolari canoni poetici e potrebbero essere giudicate molto male se valutate sul piano stilistico. Non le spiegherò per dare libertà di interpretazione e sarei contento se voleste farmi sapere le vostre impressioni che regolarmente pubblicherò sul mio sito.
Troverete uno spazio riservato ad alcuni scritti di persone che mi hanno offerto il loro contributo. Puoi farmi sapere le tue opinioni alla mail info@massimovita.it.
Buona lettura.
GRAZIE RAGAZZI
di Lorena Bandini
frequentato maggiormente l’ufficio e precisamente la stanza del centralino.
Il regno dei nostri ragazzi, Federico e Lucia. Confesso che all’inizio (pur essendo una nonna e vecchiarella) non sapevo come avvicinarmi a loro, abituata con bambini e non con giovani adulti. Con Lucia è stato più facile perché mi ha chiesto lei, fin da subito, di abbracciarla ed io, da allora, la saluto con un abbraccio e un bacio sulla fronte. Federico, un bel giovane possente, lo salutavo, ci parlavo ma avrei voluto dare anche a lui un bacio sulla fronte.
Un giorno gliel’ho chiesto e lui ha accettato, da quel giorno quando arrivo in Sezione li bacio entrambi. Sono due ragazzi meravigliosi che trasmettono gioia di vivere e dicono con sincerità quello che provano. In loro compagnia ho ritrovato la gioia per le piccole cose, ridere, cantare, scherzare, cose che spesso presi
dal nostro quotidiano dimentichiamo. Ultimamente ho ricevuto una bellissima dichiarazione di affetto da parte di Federico, mi ha detto “Ti penso e ti voglio bene, Lori tu sei qui e qui indicando con la mano la sua testa e il suo cuore”.
Come si fa a non amare due ragazzi così splendidi?
Noi adulti abbiamo molto da imparare da loro, sono felice di averli incontrati e li ringrazio con tutto il cuore.
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