Visto! numero 3 novembre 2022

Visto!

Periodico di informazione della sezione di Siena – numero 3 -  novembre 2022

Direttore responsabile: Andrea Sbardellati

Registrazione Tribunale di Siena n. 6 del 29/10/2020.

Con il contributo di: PAMPALONI SRL, concessionaria Renault a Siena

Sezione Cavaliere Attilio Borelli

Viale Cavour, 134 Siena

Telefono 0577 46181

e-mail: uicsi@uici.it

Sito internet: www.uicisiena.org

 

Enrico e Pierino

di Massimo Vita

In questi giorni sto organizzando la seconda presentazione del mio libro "A muso duro" in occasione del mio sessantesimo compleanno che festeggerò a Torino ma non ho potuto non pensare a due amici molto importanti: Enrico e Pierino. Due amici personali e due colleghi dirigenti della sezione Senese dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. Se ne sono andati nello stesso giorno condividendo anche questo ultimo atto di una vita straordinaria. Due giganti associativi e due amici che oggi ancora mancano a me come uomo e come dirigente. Molto diversi tra loro ma con in comune la dedizione per i soci e in particolare per i soci più deboli. Due uomini che hanno posto al centro della loro esistenza l'impegno per gli altri dopo essersi distinti anche nella loro vita professionale. Enrico aveva nel cuore la contrada e  Pierino il Sindacato e l'Unione ma entrambi con una dedizione profonda per la famiglia e gli amici. Potrei raccontare tanti episodi vissuti con loro ma ne cito solo alcuni: il comune impegno per ricostituire il consiglio della sezione, l'attenzione alle periferie con i primi incontri nelle zone più lontane da Siena, la campagna un mattone per l'Unione al fine di realizzare la nuova sede e le descrizioni in braille dei drappelloni vinti dal Drago.  Di Piero e Enrico cerco di portare avanti i loro insegnamenti, i loro esempi e spero di essere degno del testimone che mi lasciarono quando passarono a miglior vita

Per concludere, esprimo un auspicio che penso sarebbe stato il loro auspicio: una associazione sempre più forte a difesa dei più deboli e una società sempre più giusta e inclusiva anche grazie al lavoro e all'azione di ciechi e ipovedenti.

 

Viaggio nel mondo del volontariato/2

A cavallo con le Bollicine e Casa Clementina dal 2015.

Intervista a Letizia Cambi

di Enza Pipitone

"Normalmente si misura la tenuta di un ponte a partire dalla solidità del suo pilastro più piccolo. La qualità umana di una società dovrebbe essere misurata a partire dalla qualità della vita dei più deboli tra i suoi membri". ( Z.Bauman)

Ed è al miglioramento delle condizioni di vita dei più fragili, di chi ha piu bisogno, che è finalizzata l'attività prestata dalle tante associazioni di volontariato che, su vari fronti, operano in modo spontaneo e gratuito ciascuna nel proprio territorio.

Ne parliamo con Letizia Cambi,

coordinatore attività socio-educative, dell’Associazione Sportiva Le Bollicine, fondata nel 1990 e impegnata da sempre nell’organizzazione e promozione di attività equestri per ragazzi con disabilità.

1)  Da cosa nasce questa scelta?

"Le Bollicine nascono per volontà di un gruppo di famiglie, operatori e volontari impegnati nella realizzazione di un progetto di riabilitazione Equestre che al tempo era stata attivata dal Servizio di Neuropsichiatria Infantile della ASL. Per mancanza di risorse economiche il progetto non ebbe continuità.

La motivazione nacque dalla volontà di voler proseguire con questo percorso. Il cavallo è un animale meraviglioso, compagno di percorsi educativi che si possono attuare fin da piccoli e possono accompagnare la vita delle persone per decenni. Inizialmente il progetto si realizza presso il Club ippico Senese, successivamente l'associazione crea una struttura autonoma il Centro Polifunzionale Toscano delle Bollicine. È nata l'AS9D Bollicine Sport che in sinergia con L'APS si occupa dell'organizzazione

delle attività sportive : Calcio, Ginnastica ed equitazione.

2) Quali sono le attività principali di cui si occupa oggi la vostra associazione?

Le Bollicine oggi realizzano attività di socializzazione, percorsi educativi e progetti di inserimento lavorativo finalizzati a garantire opportunità di integrazione e facilitare la vita di relazione alle persone con disabilità. Dal 2015 sta sperimentando progetti di Vita Indipendente " Casa Clementina " per facilitare la vita autonoma e i percorsi di autodeterminazione.

3) Quanti sono i volontari impegnati nell’attività dell’associazione?

Sono circa 45.L'età varia dai 20 ai 70/75 anni,

4) In che modo ha inciso l’emergenza pandemica Covid-19 nella vita della vostra associazione?

La Pandemia ha imposto con urgenza la rimodulazione delle attività affinché potessero essere mantenute relazioni e le persone con disabilità e le loro famiglie potessero essere sostenute nelle difficoltà quotidiane dovute all'isolamento. Venivano organizzate attività online, sostegno per esigenze specifiche a domicilio o progetti in piccoli gruppi. Purtroppo però le difficoltà piu grandi si stanno riscontrando attualmente. Dopo oltre due anni di relazioni non continuative le relazioni faticano a riprendere con la naturalezza di prima .

 

4) Quali sono i prossimi eventi in

programma?

Intanto finalmente una bella festa di Natale dove finalmente potremo ritrovarci soci di ogni età insieme ai nostri meravigliosi ragazzi.A fine Novembre saremo presenti alla Madonna delle Nevi per il Mercatino di beneficenza.Poi un grande progetto ci aspetta per il 2023. Speriamo di acquisire un ulteriore appartamento per i progetti del Durante Dopo di Noi.

 

OCULISTICA NEL MEDIOEVO

 

di Antonio Garosi

Circa tremilaseicento anni fa nel codice di Hammurabi venne creata una regolamentazione per interventi agli occhi: il compenso per un medico era di dieci scicli, in caso di esito positivo dell’operazione. In caso di esito negativo… venivano mozzate le mani di chi aveva operato.

Ma adesso vogliamo parlare dell’oculistica nel Medioevo.

Il compito del moderno oftalmologo venne preso dal cosiddetto “Incisore della cataratta”.

Con un coltello speciale la cataratta veniva premuta all’interno della camera vitrea. Questa tecnica esponeva i pazienti a frequenti infezioni. Johann Sebastian Bach morì dopo un'operazione alla cataratta, Georg Friedrich  Händel rimase cieco proprio in seguito alle complicazioni dovute a questo intervento.

Questi gli scarni risultati dell’oculistica alle nostre latitudini, al contrario nella civiltà islamica l’oftalmologia conobbe momenti in cui vennero effettuate numerose scoperte e creati oggetti appositi per intervenire all’interno dell’occhio, come l’ago cavo utilizzato per l’estrazione della cataratta e la siringa  con ago ipodermico.

I medici mussulmani sono stati i primi a parlare del mal di testa della pupilla (glaucoma) e della cheratite phlyctenular.

Oltre naturalmente a utilizzare i termini: Cataratta e retina.

Grazie a contatti con studiosi provenienti da India, Persia e dall’Ovest le scoperte scentifiche non vennero contrastate dalla religione.

Ammar ibn Aliha descritto in questi termini un intervento con l’ago cavo.

“Ho ricevuto per intervento un uomo che mi ha detto: fai come vuoi con me, ma non posso sdraiarmi sulla schiena. Poi sono intervenuto su di lui con l'ago cavo ed ho estratto la cataratta. Ha visto subito e non ha dovuto sdraiarsi, ma ha dormito come voleva ed è stato bendato per soli sette giorni”.

Un’altra invenzione dei  medici arabi  consisteva nell'inserire un ago cavo per aspirare i detriti dalla lente.

Per esercitare la professione occorreva un’apposita autorizzazione concessa dal capo medico del Califfo oltre a una rilasciata dall’ufficiale incaricato dei controlli alla concessione dell’autorizzazione per esercitare la professione medica. Tra i doveri dei muhtasib c'era quello di prestare il giuramento di Ippocrate

 che vietava ai medici di preparare e somministrare sostanze tossiche, o di affidarle a persone non autorizzate, che ingiungeva loro di evitare di guardare le donne che vivevano nelle case dei pazienti visitati e di rivelare a una terza persona ciò che era stato rivelato loro dalla fiducia di un paziente.

Questo giuramento era così importante che il medico Hunayn ibn Ishaq

 avrebbe ricordato al califfo il suo contenuto, quando gli venne chiesto di preparare un veleno letale per un nemico dell'emiro.

Tratto da: https://it.frwiki.wiki › wiki › Ophthalmologie_dans_

Fine.

 

 ANNIE ERNAUX:   Nobel Letteratura  2022

 di Fabio Celli

 Pubblicata in Italia da l' Orma, Casa Editrice di Roma, Annie Ernaux ha conquistato meritatamente il NOBEL per la LETTERATURA 2022. I suoi libri, da ' Il posto ' a ' Gli anni ' fino all'ultimo ' Guarda le luci amore mio ' , hanno tutti certamente una forte impronta autobiografica però in una direzione insolita, quella cioè più adulta e più rara dell'esperienza che si fa ragionamento e scrittura, esperienza potremmo dire auto-socio-biografica e così al posto del “ TU “ incontriamo il “ NOI “.

Ad esempio nel suo libro più conosciuto, “ Gli anni “, la Ernaux attraversa ed analizza fatti autobiografici  fatti di cronaca e fatti storici, dalla sua nascita nel 1940 a Lillebonne – Senna Marittima  agli anni 2000 ed il suo racconto si fa immagine e l'immagine racconto partendo dalle foto di famiglia su su fino alle foto di lei ormai nonna. La scrittrice stravolge così i canoni letterari tradizionali per cui non si può parlare solo di romanzi, ma di testi che si collocano nell'intersezione tra letteratura storia sociologia ed attraverso la vivisezione della propria memoria e del proprio vissuto ci restituisce,con enorme coraggio, i legami profondi che saldano ogni persona alle sue radici e, libro dopo libro, riesce ad universalizzare la propria esperienza, raccontando al tempo la storia di un intero Paese e la crisi  della propria generazione.La sua scrittura, scarna essenziale priva di orpelli e virtuosismi, ci ricorda la stessa Ernaux, in una delle sue ultime  interviste, si fa sempre più atto politico, in modo da denunciare i privilegi di nascita e  trasformare le persone comuni, le petit gens come lei stessa le definisce, in eroi.Testi quindi straordinari e vivi, arricchiti da un desiderio di lasciare traccia grazie ad uno scavo interiore che testimonia la vulnerabilità della condizione umana.

Un Nobel per gli ultimi ha detto Annie Ernaux appena le è stata comunicata la notizia ed ha aggiunto che tra Sartre che rifiutò il premio e Camus che usò la visibilità garantita dal suo discorso, lei trarrà insegnamento dall' autore de ' La peste ' ed userà  la platea del Nobel per riaffermare che “ ancora non siamo tutti uguali nella libertà e bisogna lottare ogni giorno per i diritti  “.

 

                                                 UN NOBEL PER GLI ULTIMI 

 

         P.S. =Nel buttar giù queste brevi considerazioni, mi sono ritornate alla mente

                     queste parole di Wislawa Szymborska,  Nobel per la poesia nel 1996:

                      “ La gioia di scrivere.

                        Il potere di perpetuare.

                        La vendetta d'una mano mortale.”

 

Sport e ipovisione

Quando i figli entrano nell’adolescenza, si sa, cominciano le lotte, perché la loro personalità inizia a pretendere sacrosanta affermazione e tutti gli spigoli caratteriali si mostrano; ciò succede indipendentemente dal fatto che il figlio sia abile o disabile e sta succedendo anche a me con Anita, che per sua natura è, tra le altre cose, diffidente e un po’ prevenuta nei confronti dei normovedenti. Lei è albina e ipovedente e questo nel tempo ha comportato qualche fraintendimento tra lei e gli altri, perché non parla della sua condizione e dall’esterno qualcuno pensa che sia solo “molto bionda”. Per fortuna, questo non accade nello sport, che pratica da quando era piccolissima.  

Per ulteriore nostra fortuna, una mia carissima amica è psicologa dello sport e per aiutare chi condivide la mia condizione di madre di disabile “invisibile” a comprendere ed essere di supporto per i figli, le ho chiesto di scrivere questo articolo insieme, mettendo a disposizione le sue competenze.

La cecità è una condizione di gravità tale che risulta evidente e riconoscibile facilmente, a differenza dell’ipovisione che non è immediatamente evidente. Di conseguenza, paradossalmente, è molto più complesso mettersi nei panni di un ipovedente che di un non vedente.

Molto spesso infatti l'ipovisione, oltre a non essere immediatamente identificabile, è anche poco comprensibile nelle sue complessità e peculiarità. Tante volte mi è stato detto "tua figlia è ipovedente? Non sembra!", come se nell'immaginario delle persone normovedenti ci fossero caratteristiche comuni a tutti coloro che hanno scarso residuo visivo e che queste dovessero essere lampanti.

In questo caso lo sport può contribuire ad annullare le diversità, a favorire l’integrazione e l’autonomia, risultando anche un prezioso strumento per l’orientamento nello spazio.

Lo sport diventa un mezzo di comunicazione, un linguaggio universale di integrazione mentale, motoria, sensoriale e psicosociale.

Ancora una volta e ancora di più quando si ha a che fare con la disabilità, lo sport riveste il ruolo nobile di potente mezzo educativo e culturale. Perché di questo si tratta, creare, sin da giovanissimi, una cultura della persona, dell'unicità di ciascuno, che, favorendo la conoscenza, abbatte naturalmente le barriere sociali.

Nell’età evolutiva, lo sport permette, oltre a scaricare le tensioni emotive, di apprendere codici di comportamento condivisi, il rispetto degli altri, compagni e avversari, di favorire lo sviluppo della personalità. Il giovane sportivo disabile è costretto dalla propria condizione a tollerare costantemente un certo livello di frustrazione: la funzione di integrazione sociale e di scarico emotivo consentiti dallo sport, avranno un ruolo centrale nel suo sviluppo biopsicosociale.

Lo sport è quindi fondamentale nella formazione di individui consapevoli e aperti ai confronti, all'ascolto di sè e degli altri e soprattutto indipendenti.

Ho visto personalmente mia figlia, da piccolissima in piscina, staccarsi serenamente e naturalmente dalla dipendenza da noi genitori, semplicemente perché, non riuscendo a vederci a bordo vasca, non percepiva lo strumento di protezione che rappresentavamo, come ogni altro genitore.

Ancora oggi, quando entra in un nuovo palazzetto per le gare di pattinaggio, lo fa serenamente, senza il timore di smarrirsi e non si fa problemi se per salire o scendere dal podio si sente insicura e chiede l'aiuto di qualcuno. Dall'altro lato, le compagne della polisportiva hanno - giustamente - un atteggiamento da pari nei suoi confronti.

Per questi motivi, mi sento di consigliare a tutti i genitori di introdurre i figli allo sport, il prima possibile e di sostenerli nel loro percorso, che sia dilettantistico o agonistico, perché in ogni caso ne riceveranno e ne riceverete anche voi grandi benefici, in termini di crescita personale, mentale e sociale. L'importante è seguire i ragazzi, ascoltarli e, se necessario, rivolgersi a professionisti competenti per favorire lo sviluppo delle loro capacità.

Lo sport abbatte veramente molte barriere! Anche quelle che costruiamo noi.

 

di Sara Barabaschi

Dott. Francesca Cerretani psicologa Membro della Federazione italiana psicologi dello sport (FIPsiS)

 

INTERVISTA DI GRANDE

 

D. Giuseppe, sei un programmatore autodidatta e hai raggiunto livelli importanti, quanto sarebbe

importante una formazione in questo campo e quali possibilità aprirebbe ai disabili visivi?

 

R. Ho iniziato quando l'informatica e la programmazione erano viste come un gioco e i computer ritenuti giocattoli. Oggi le cose sono notevolmente cambiate. La domanda è complessa e necessita

di una risposta articolata su temi sociali e tecnologici.

Oggi, intendo proprio ora, la richiesta di professionalità di questo tipo nel mondo del lavoro è particolarmente presente. La scuola in particolare ha un difetto: in questi decenni in cui la tecnica ha preso il volo, ha industrializzato la conoscenza e continua a sfornare professionalità in serie.

Voglio dire che la creatività è stata relegata in altri ambiti, quelli che hai definito da "autodidatta". Eppure la creatività unita alla professionalità multidimensionale è una miscela esplosiva in grado di

fare la differenza. Il talento ognuno non se lo può inventare, se non si è portati per qualcosa la si potrà svolgere così come un qualsiasi altro professionista. Questo discorso vale per tutti, non solo

per i ciechi. Potrei consigliare ai giovani di puntare a una professione che assecondi le proprie passioni e il proprio talento, ma qui siamo nel mondo degli ideali, in questa società quasi un'utopia.

Per fare la differenza ed attirare l'attenzione, anche in questo settore, devi avere una marcia in più,

che non è la cecità. I giovani ciechi potrebbero avere qualche possibilità in più dei giovani vedenti, perché darebbero alle aziende che li assumessero il valore dell'accessibilità e dell'usabilità, due conoscenze ancora poco sentite. I diretti interessati - e noi siamo i diretti interessati – potrebbero diventare il punto di riferimento tra i loro colleghi, se ben formati. Tuttavia la conoscenza dell'accessibilità non è solo quella teorica acquisita a scuola o con dei manuali (vale per tutto il resto del sapere), è anche quella pratica acquisita con dedizione sul campo. Per farsi notare bisogna fare, non basta solo credere di sapere. E poi parliamoci chiaro: i ciechi hanno un paracadute assistenziale che gli permette di osare più degli altri, nonostante la disabilità visiva: l'accompagnamento. Questa indennità assistenziale consente di provarci, cioè provare a fare il lavoro che più ci piace. Soprattutto per i giovani o per tutte le persone che non hanno o non hanno ancora una famiglia. Secondo me, i giovani per il loro futuro e quello del progresso positivo della società hanno solo una chance: fare gruppo coi loro compagni, al fine di essere loro i diretti autori di tecnologie e servizi. Siamo agli inizi della quarta rivoluzione industriale, in cui il precedente paradigma lavorativo è alla fine. Il lavoro diventa sempre più smart, le parole d'ordine sono produttività e competitività. Oggi non c'è solo il fatto di competere con le altre persone vedenti - perché oggi il lavoro è competizione, la cooperazione ormai è quasi di un'altra epoca -, oggi le persone poco produttive sono destinate ai margini della società, perché sono e saranno sempre di più sostituite da robotica e intelligenza artificiale. La marginalità è già un ambito che conosciamo, e in questo ambito stanno arrivando nuovi ospiti. A me non piace questo, però se si vuole tentare di essere della partita si deve essere consapevoli di come il mercato e il lavoro e la società sono cambiati e stanno cambiando, sempre più velocemente. A meno che non si abbia la forza e la potenza di adottare un nuovo paradigma sociale e puntare sulla decrescita più o meno felice (un'utopia?). Se nei prossimi anni non si vuole restare ai margini e subire passivamente l'assistenzialismo della società, è d'obbligo prendersi di diritto un ruolo. L'unico modo che si ha di farlo è quello di essere parte del sistema produttivo tecnologico-scientifico - anche unendosi con quegli altri ospiti della marginalità crescente -, quindi non essere passivamente fruitori, ma produttori insieme al resto del mondo. Ciò significa gonfiare il giusto la propria autostima e acquisire le tre C necessarie al mondo del mercato, cioè conoscenza competenza e capacità, quindi tentare alla pari di fare impresa con il resto del mondo, oppure essere partecipi in quelle realtà produttive che oggi sviluppano le tecnologie che il mondo utilizza.

D. Il progetto più grande e più conosciuto è Biblos, Cosa ci riserva Biblos per il futuro?

R. Biblos è il mio gioiello a cui ho legato indissolubilmente il mio nome. Oggi il futuro di una tecnologia è sempre più a corto raggio, si riesce poco a fare previsioni per i prossimi anni o decenni. Rispetto alle vere rivoluzioni che ho introdotto più di un decennio fa, oggi la visione che ho di Biblos è quella di mantenere il progetto vivo. Vivo significa tenerlo aggiornato in linea con gli sviluppi dei nuovi sistemi operativi, continuando a correggere errori o a introdurre cambiamenti che possano incontrare il gradimento degli utenti e delle realtà professionali dove oggi viene utilizzato.

In Biblos c'è tutta la mia professionalità informatica, quella acquisita prima e durante la vita da cieco. I riconoscimenti stanno arrivando molto lentamente, l'ultimo quello di aver avuto l'incarico di braille specialist presso la stamperia di Associazione Progresso Ciechi e avere la soddisfazione di sapere che il personale conferma gli obiettivi di velocità e qualità che ho progettato e sviluppato.

D. Ci parli del progetto "Notizie online"?

R. Notizie Online è un gioco. Quando devo rilassare la mente dal lavoro che sto facendo - si dice che si deve "staccare" un po' per rigenerare le idee -, sviluppo anche Notizie Online. "Staccare" per

le altre persone significa andare a fare una passeggiata, ascoltare musica o fare attività fisica. Per me staccare significa lasciare per qualche ora la programmazione di un software per dedicarmi alla programmazione di un altro software. Certo, non sempre è così, non si creda che io sia una macchina, le mie giornate sono divise tra computer e cucina, attività fisica e lettura, giardino e lavoro. Notizie Online è proprio il lavoro di quando stacco dalla programmazione di Biblos. Nel 2014 avevo fatto un esperimento con Il Fatto Quotidiano. Vidi che funzionava e mi consentiva di leggere le ultime notizie con una facilità estrema. Il punto di forza dei miei software è che io sono il primo utilizzatore: se non mi piacciono li cestino; quelli che emergono sono solo una minima parte.

Successivamente sviluppai Repubblica. Poi, un anno fa, da quei software che ho mandato in pensione ho sviluppato Notizie Online. Nella versione attuale di Notizie Online ho aggiunto la possibilità di ascoltare podcast, contenuti più o meno educativi che fanno piacere. A volte mi si chiede perché negli ultimi anni io scelga nomi così semplici per i miei software, di cui Notizie Online è il miglior rappresentante. Gli acronimi sono degli anni ottanta, almeno secondo me che gli anni ottanta informatici li ho vissuti in pieno. Mi piace raggiungere la semplicità, mi piace che la mente delle persone non debba far fatica a ricordare o scrivere un nome. Quindi ho fatto un compromesso con Google e ho scelto il nome più semplice che potesse esserci: Notizie Online.

Anche questa è ingegneria sociale.

D. In questi giorni è uscita la nuova versione di WinLuchy. A chi può essere utile e cosa fa?

R. Di WinLucy sono il coordinatore, finalmente non mi occupo solo di programmazione. Anche se, essendo un programmatore, comprendo esattamente tutto il codice che WinLucy contiene e come esso debba evolvere. Il lavoro che stiamo facendo è quello della riorganizzazione e ottimizzazione

del codice (almeno per ora), introducendo solo piccoli cambiamenti e migliorie, secondo l'esperienza che ho portato in Tiflosystem. WinLucy è voluto e sostenuto dalla Fondazione Lucia Guderzo. La Fondazione nasce in memoria della dottoressa Lucia Guderzo e ne persegue l'impegno a fianco delle persone con disabilità. WinLucy è l'espressione di questa volontà e nasce come software di aiuto alle persone sordocieche. Viene utilizzato anche dalle persone cieche, ipovedenti e qualche persona anziana. WinLucy è un software multifunzione, va dall'editor di semplici testi alla ricerca e ascolto di video su Youtube, dall'organizzazione di rubrica e agenda alla lettura di quotidiani e periodici. In particolare, è possibile leggere i periodici editi in braille cartaceo dalla Fondazione Lucia Guderzo e quelli della Lega del Filo d'Oro, compreso l'inserto mensile alla Settimana in braille dal titolo Tecnologia e Scienza curato da me. WinLucy è un software che si avvale della sintesi vocale, del braille e dei caratteri ingranditi, per coprire le esigenze delle persone con disabilità visiva e uditiva, lieve o grave.

L'8 novembre abbiamo pubblicato una nuova versione di WinLucy, con alcune modifiche suggerite

da me e accettate dall'amministrazione. Abbiamo completamente rimosso il vincolo della contribuzione per l'utilizzo di alcuni servizi, rendendo WinLucy totalmente libero da vincoli. Tutti i servizi ora sono gratuiti e liberamente utilizzabili, compresa l'assistenza agli utenti. Dopo aver riscritto e reso più carino il sito dove WinLucy è ospitato (www.winlucy.it) e ricreato la community su Googlegroups, ora ci stiamo dedicando alla correzione di alcuni errori e all'ottimizzazione del codice. Abbiamo un piano di sviluppo e nei prossimi mesi potrebbero esserci sorprese particolarmente interessanti.

D. Esprimi un desiderio per il futuro di ciechi e ipovedenti.

R. Che i ciechi possano trovare la consapevolezza di essere parte della società, di trovare un ruolo

che possa soddisfare le ambizioni personali e professionali di ognuno. I ciechi hanno una storia, una

storia sociale e personale ancora giovane. Le persone con disabilità visiva nel novecento hanno dedicato la loro vita unendosi in gruppi sociali - le Associazioni - che hanno permesso loro di conquistare diritti e dignità. In questo nuovo millennio, dove l'identità sociale delle persone con disabilità visiva è ormai ampiamente rodata e riconosciuta (a meno di qualche repentina involuzione), è necessario che si rinasca in una nuova società, dove l'identità personale di ogni singolo cieco sia riconosciuta per la propria essenza, che la diversità di ognuno possa avere un'esistenza piena di dignità, che ognuno possa esprimere la propria personalità ed essere partecipe

del progresso materiale e spirituale del mondo.

 

PILLOLE DI CONTRADA

di Lucia Pagano e Federico Martelli

In questa edizione di Pillole di Contrada Lucia e Federico ci propongono la loro conversazione con Massimo Martelli, istriciaiolo doc, che ringraziamo di cuore per esserci venuto a trovare in Sezione qualche tempo fa per parlare della sua contrada…

Lucia e Federico: Avete mai accolto qualche ospite nella vostra sede?

Massimo: Certamente! E tradizione vuole che gli ospiti vengono accolti di consuetudine la sera della prova generale: durante la serata il priore della contrada presenta l’invitato ai contradaioli presenti. Questo succede per ogni contrada, non solo per l’Istrice…

Lucia e Federico: Cosa conservate nella vostra Chiesa?

Massimo: ti posso dire che la chiesa della contrada dell’Istrice è la chiesa della Magione, ma in Camollia si trova una seconda chiesa, una cappella a dire il vero, in cui viene benedetto il cavallo prima della carriera.

Lucia e Federico: Ti ricordi di qualche Palio che avete vinto?

Massimo: Mi ricordo bene il Palio di luglio del 2000, che fu vinto dall’Istrice con il fantino Bruschelli, detto Trecciolino. Me lo ricordo bene perché era tanto che non si vinceva, 25 anni! La cena della vittoria fu un altro evento memorabile, era coinvolta tutta la mia famiglia… la mia mamma per l’occasione cucinò 17 chili di trippa! Ci fu una bella rievocazione storica in cui ogni angolo del Rione rievocò un’epoca diversa con i vestiti e tutto…

Lucia e Federico: La tua contrada è mai stata squalificata?

Massimo: Avoglia, più di una volta! D’altronde le squalifiche fanno parte del gioco, il Palio è una corsa dove sono concesse tante cose come l’uso del nerbo, che è fatto di pelle di toro essiccata e quindi è durissimo; con questo si nerbano i cavalli e a volte anche i fantini per contrastare le altre contrade! Insomma il Palio è così: vicino la corsa ci se ne danno di santa ragione, ma poi il giorno dopo siamo amici come prima!

Lucia e Federico: Frequenti la tua contrada?

Massimo: la frequento solo nei giorni del Palio, ma ci sono persone che la frequentano tutto l’anno recandosi al circolo del Leone, dove c’è chi gioca a carte, chi a biliardino… bordellotti che frequentano la contrada poi ce ne sono sempre stati, anche io da giovane ci andavo spesso ma anche se poi ci si va di meno, l’attaccamento rimane sempre lo stesso

SCIENZA E POESIA

Ho conosciuto Massimo Fagioli

nell'autunno del '79

all'università di Roma

da allora

ho seguito la sua ricerca

la sua voglia testarda

di combattere

il malessere degli altri

di curare

con la scienza

la malattia mentale

ma con lui

è sempre stato chiaro

che la scienza da sola

non basta

ci vuole anche la fantasia

l'interesse

e l'affetto per gli altri

e perché no

anche la poesia

con la sola scienza

si può dare un farmaco

e guarire

una malattia fisica

ma senza affetto e fantasia

non si può

interpretare un sogno.

 

Francesco Burroni

(due metri e mezzo)

ieri abbiamo festeggiato i 50 anni dall'uscita del suo primo libro e la nascita dells Fondazione che porta il suo nome.

La storia continua...e così la poesia

 

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