Visto! numero 1 marzo 2021

Visto!

Periodico di informazione della sezione di Siena - numero 1 - marzo 2021

Direttore responsabile: Andrea Sbardellati

Registrazione Tribunale di Siena n. 6 del 29/10/2020.

Con il contributo di: PAMPALONI SRL, concessionaria Renault a Siena

 

Sezione Cavaliere Attilio Borelli

Viale Cavour, 134 Siena

Telefono 0577 46181

e-mail: uicsi@uiciechi.it

Sito internet: www.uicisiena.org

 

I.Ri.Fo.R.  Istituto per la Ricerca la Formazione e la Riabilitazione

 

INTERVISTA A SIMONE BEZZINI

Assessore alla sanità di regione Toscana

di Massimo Vita

D. Come stanno le cose in merito alla pandemia in Toscana?

Quando sono diventato assessore erano le settimane tra ottobre e novembre, quando si registrava l’impennata di casi della seconda ondata. Al netto di alcune difficoltà, complessivamente il sistema ha retto, nonostante i 600 ricoveri in più rispetto alla prima ondata. Abbiamo lavorato fin da subito rafforzando tutta la filiera di contrasto al Covid: più tamponi, tracciamento al 100% con le tre grandi centrali, Usca raddoppiate, oltre mille camere in alberghi sanitari, potenziamento delle cure intermedie, nuove assunzioni e posti letto extra in caso di necessità. Abbiamo anche messo in campo programmi regionali di monitoraggio e screening come Territori Sicuri e Scuole Sicure, insieme a tante altre iniziative di carattere sanitario. Tra dicembre e gennaio la curva è scesa, ma ora sta risalendo. Inoltre abbiamo registrato la presenza di varianti, quindi la preoccupazione è massima. È fondamentale rispettare tutte le corrette regole di comportamento. Serve poi stringere sempre di più l’alleanza tra cittadini e istituzioni, che in questa fase sono chiamate a fare il massimo per superare l’emergenza sanitaria, che porta con sé pesanti ricadute a livello sociale ed economico. Una terza ondata sarebbe tragica, da tutti i punti di vista.

 

D. Quali le maggiori difficoltà?

Coniugare la tutela della salute con la vita sociale ed economica. Abbiamo visto che di fronte alla crescita del contagio, spinto anche dalle recenti varianti più aggressive, le misure restrittive sono decisive per contrastare il virus, che porta con sé malattia, sofferenza e, spesso, anche morte. L’essere umano è un animale sociale, che ha bisogno di coltivare affetti, amicizie e relazioni. Il distanziamento quindi è un fatto innaturale, ma in questo momento assolutamente necessario. Capisco che è dura, ma dobbiamo fare tutti uno sforzo. Ci sono poi tante famiglie che stanno conoscendo grandi difficoltà economiche, ma anche persone che stanno conoscendo una solitudine profonda. La situazione è estremamente pesante e stiamo attraversando uno dei momenti più difficili che il mondo contemporaneo ricordi. Una delle sfide principali è intercettare il virus a monte, non a valle, quindi fare più tamponi e mantenere il tracciamento al massimo. Anche per questo abbiamo attivato gli screening di massa nei territori più colpiti, riscontrando sempre grande partecipazione da parte dei cittadini. Nei reparti ospedalieri, il fronte più doloroso, il lavoro prosegue con il massimo impegno, ma anche negli alberghi sanitari e nelle strutture di cure intermedie. Insomma, tutto il sistema sanitario è impegnato in uno sforzo senza precedenti per fronteggiare questa terribile pandemia.

 

D. Come vedi il futuro della sanità Toscana e in Italia?

A livello nazionale negli ultimi anni si è verificata una progressiva restrizione dei fondi per la sanità, solo in parte corretta di recente dal Ministro Speranza. Su questo è necessaria un’inversione di rotta. Nonostante questi tagli la Toscana ha garantito livelli di assistenza molto alti in tutte le aree, dall’ospedale, come testimoniano i numeri di ricoveri, agli ambulatori, dove le prestazioni nell’ultimo anno sono aumentate. Abbiamo poi utilizzato le risorse destinate all’assistenza farmaceutica garantendo il diritto di cura ai nostri malati, anche quelli più gravi. Da anni la Toscana è fra le Regioni più performanti nella valutazione della cosiddetta griglia LEA (livelli essenziali di assistenza), a dimostrazione che una sanità pubblica e di qualità è possibile. Inoltre è stata ampliata l’offerta di prestazioni a carico della Regione, che in altre regioni sono invece a carico dei cittadini, e garantisce la gratuità delle prestazioni per i meno abbienti. Per il futuro siamo già al lavoro, non appena l’emergenza ce lo consentirà daremo vita agli stati generali della sanità toscana, giustamente proposti dal presidente Giani. Sarà l’occasione per fare il punto e mettere in campo soluzioni a 360 gradi: interventi di edilizia sanitaria ammodernando gli ospedali e riqualificando le strutture, potenziare la prevenzione, le case della salute e la rete dei servizi territoriali, investire nella telemedicina e su innovazione, ricerca e digitalizzazione dell'assistenza sanitaria. In questo senso saranno importanti anche le risorse del Recovery Plan. Vanno inoltre affrontate quelle che l’OMS definisce ‘le nuove epidemie’: le cronicità, la non autosufficienza, il disagio mentale, che riguardano le persone più esposte anche ai rischi e alle conseguenze dell’emergenza da Covid19. Sulle liste d’attesa, tema che mi sta molto a cuore, nella fase finale della legislatura precedente è stato avviato un lavoro importante, purtroppo la pandemia non ha aiutato. Anche questo sarà sicuramente uno dei temi principali degli stati generali.

 

D. Gli operatori sanitari nella nostra regione e in provincia di Siena stanno dando buona prova di sé, cosa ti senti di dire loro e cosa puoi chiedere ai cittadini per sostenere il loro impegno?

A loro mi sento di dire Grazie, con tutto il cuore. Da più di un anno sono al fronte, giorno e notte, per tutelare la salute e la vita di tutti noi. Da assessore alla sanità ho potuto toccare con mano il loro infaticabile impegno, la loro straordinaria professionalità e la forza di volontà che li anima nel loro lavoro. Prendersi cura dei malati e salvare vite è davvero una missione. Ai cittadini, mi ci metto dentro anche io, chiedo di rispettare sempre e comunque le regole di comportamento corrette. Le quattro fondamentali le conosciamo già, ma meglio ripeterle: indossare la mascherina, il distanziamento ed evitare assembramenti, igienizzarsi le mani e areare i locali. I dati dimostrano che sul rispetto di queste quattro regole fondamentali si gioca gran parte della partita. Inoltre, ai cittadini rivolgo un invito a vaccinarsi, nei tempi e nei modi in cui sarà possibile, dosi permettendo.

 

D. Per l’appunto, come procede la campagna di vaccinazione?

La Toscana è tra le prime regioni in Italia per capacità vaccinale, stabilmente sopra la media nazionale. Al momento sono tre i filoni di vaccinazione in corso. Il primo è quello, iniziato il 27 dicembre, degli operatori sanitari e socio-sanitari e personale e ospiti delle Rsa, dove stiamo completando la vaccinazione degli anziani anche con i richiami. Il secondo è quello aperto di recente per la vaccinazione degli ultraottantenni, sempre con i vaccini Pfizer o Moderna, che verranno contattati dal proprio medico di famiglia per concordare date e ora del vaccino. È l’inizio di un percorso nuovo e decisivo per il successo della campagna, forte della collaborazione con la medicina generale, che crescerà progressivamente nelle prossime settimane, anche in virtù dell’auspicato incremento delle forniture. Il terzo è quello con AstraZeneca, per ora rivolto al personale scolastico e alle forze armate e forze dell’ordine ma che coinvolgerà presto le altre categorie indicate a livello nazionale con questo tipo di vaccino, per soggetti che non presentino particolari patologie. C'è un intenso lavoro collettivo in corso e ogni aspetto della filiera e della macchina organizzativa viene pianificato nel dettaglio. Ringrazio i medici di medicina generale e tutti gli operatori sanitari coinvolti in questa grande impresa, il vaccino è lo strumento più forte che abbiamo contro il Covid.

 

D. Se potessi esprimere un desiderio quale sarebbe quello a cui tieni di più?

In questo momento il mio desiderio è che si possa procedere speditamente nella campagna di vaccinazione per raggiungere quanto prima l’immunità di gregge, condizione essenziale per arginare il virus. La macchina procede spedita, tutto dipende dalla quantità di dosi che arriveranno e dalla tipologia dei vaccini che verranno autorizzati, e per quali fasce di popolazione. La sensazione è che sia estremamente maggioritaria la volontà di vaccinarsi rispetto a chi è contrario, in questo momento la domanda è di gran lunga superiore all’offerta. Noi stiamo lavorando per vaccinare più persone possibili, nel minor tempo possibile. Più in generale, il mio desiderio credo sia lo stesso di tutte e tutti: superare l’emergenza sanitaria e uscire quanto prima da questa terribile pandemia, che sta mettendo a dura prova tutta la nostra comunità. Nel frattempo dobbiamo mantenere alta la guardia, con fiducia, motivazione e speranza. Nessuno si salva da solo, la salute di tutti dipende da ciascuno di noi.

 

IN RICORDO DI ROBERTO DAMIANI

di Andrea Sbardellati

Purtroppo ci ha lasciato Roberto Damiani, una persona che ha dato tanto a tutti noi e ha fatto parte di molte associazioni cittadine. Roberto ci ha insegnato che per fare del bene occorre essere fermi e determinati, ma, al contempo, di capire al meglio i meccanismi del lavoro di gruppo e di squadra. In ogni angolo della città verrà ricordato quanto sia importante dare agli altri sotto ogni forma e in ogni organizzazione a cui Roberto ha offerto il suo apporto mai banale e costruttivo. Tutti gli ambienti che ha frequentato avranno un bel ricordo della sua umanità e del suo impegno. Abbiamo raccolto alcune testimonianze per lasciare un ulteriore traccia dell’immenso aspetto umano che Roberto ci ha lasciato.

Massimo Vita, presidente UICI Siena

<<In questi anni abbiamo perso tanti amici. Prima di Roberto abbiamo perso Agostino, Andrea, Enrico, e tanti altri. Roberto Damiani era una persona mite, ma determinata, sempre al servizio e a difesa di coloro che avevano maggiori difficoltà. Roberto aveva un grande pregio: sapeva raccordarsi con tutti e lavorava per la squadra>>.

Giuseppe Gugliotti, presidente Società della salute di Siena

<<Ho conosciuto Roberto Damiani da qualche anno, per il suo impegno nella CNA pensionati e nel suo ruolo di coordinatore e poi vicecoordinatore del Comitato di Partecipazione della Società della Salute Senese e ho avuto modo di apprezzare la sua generosità, la sua tenacia, la sua passione, la sua attenzione verso le persone in condizione di difficoltà e di bisogno.

La notizia della sua morte mi rattrista molto.

Ciao Roberto. Rimane il segno forte della tua testimonianza e, per me, la gratitudine per averti incontrato nel cammino>>.

Anna Ferretti, presidente della Caritas Siena

<<Ho letto ora la notizia che Roberto Damiani ci ha lasciati. Desidero esprimere tutta la mia vicinanza alla sua famiglia per questo momento di dolore. Ho conosciuto Roberto durante il periodo del mio assessorato ed ho apprezzato la sua voglia di impegnarsi perché gli anziani avessero le risposte che meritano dal punto di vista sociale e sanitario. Era sempre presente alle riunioni, combattivo, preparato. Ha promosso incontri in CNA sui servizi per la terza età, sulle case della salute, ha voluto fortemente il Comitato di partecipazione della Società della salute, perché ha sempre creduto che solo con la partecipazione attenta dell'utenza i servizi potessero essere rispondenti ai bisogni delle persone. Aveva affrontato momenti duri nella vita, ma non si era arreso di fronte al dolore, anzi aveva tratto da lì motivo per aiutare chi affrontava malattie dure. Ciao Roberto, ti ricorderò per il sorriso dolce che avevi e per la forza e la serenità che sapevi trasmettere>>.

Fabio Bruttini, presidente della Virtus Siena

<<Roberto è stato per oltre una ventina di anni nel consiglio della Virtus ed è stato per noi tutti un importante punto di riferimento. Un consigliere storico della nostra società, forse uno tra quelli con maggiore militanza. Un Virtussino vero che ha aiutato molto tutti noi sia direttamente che indirettamente, uno che ha lasciato il segno in tutti noi. Al di là della sua lunga militanza nella Virtus, da qualche anno non faceva parte più del consiglio, ma era sempre con noi, ricordo che alla ripresa degli allenamenti nell’ottobre scorso, venne a trovarci al Pala Perucatti. Ha lasciato  dei segnali importanti in ogni ambiente da lui frequentato. A cominciare dalla sua attività artigianale di idraulica, nel sociale, nella CNA. Una gran brava persona che lascia un grande vuoti in tutti noi che lo abbiamo conosciuto, apprezzato e stimato>>.

Nota stampa della CNA di Siena

<<Tutta la Cna, con in testa il presidente provinciale Fabio Petri, il direttore Brilli ed il presidente Cna Pensionati Alberto Rossi, insieme a tutti i soci ed i dipendenti, si stringe attorno alla famiglia Damiani, per la scomparsa del caro Roberto, già presidente della Cna provinciale, di Cna Pensionati e storico dirigente dell’associazione. In questo momento oltre all’amico vogliamo ricordare il grande artigiano, ma anche il senese esemplare, mecenate nello sport e attivissimo nel Nicchio, la sua amata contrada. Classe di ferro 1936, persona di grande forza ed esemplari doti umane e morali, ha contribuito a scrivere la storia della Cna degli ultimi sessanta anni e lascia in tutti noi un grande vuoto e nel dolore più grande la famiglia, con in testa la moglie Olga, l’amato nipote Francesco e la nuora. A loro va il nostro primo e più forte pensiero, sperando che possa essere almeno di piccola consolazione in questi terribili momenti>>.

 

Nota del Consiglio direttivo della SO.CREM di Siena

<<In questo momento di particolare sofferenza per noi e per quante e quanti lo hanno conosciuto ed apprezzato, il Consiglio Direttivo della SO.CREM senese esprime alla moglie e ai parenti tutti le più sentite condoglianze.
Ciao Roberto, il tuo pensiero resterà sempre con noi>>.

 

 

Riprendiamoci la musica

 di Antonio Quatraro

  «La bellezza salverà il mondo» (Dostoevskij)

  Oggi stiamo attraversando un momento caratterizzato da un maggior isolamento, che spesso è vera e propria solitudine. In passato non era raro il caso di persone, anche benestanti, che sceglievano un luogo ameno, lontano dalle città, affascinante per il panorama, e lì trascorrevano la loro esistenza, magari in preghiera, in meditazione, ma spesso anche lavorando per sostentarsi. Se riflettiamo un momento, questa condizione di isolamento, ora fortunatamente transitoria, spesso caratterizza la giornata dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, soprattutto non vedenti e-o pluriminorati. Talvolta questa solitudine sfugge ai genitori e, ahimè! a molti insegnanti, perché, come dire, si veste di «verbalismo», che seduce solo chi si ferma all'apparenza e si accontenta di troppo poco. Aggiungiamo che il sistema educativo, nell'Italia che ha dato i natali a Palestrina, al melodramma, ai grandi operisti dell'Ottocento, riserva alla musica uno spazio marginale. Un esempio per tutti: la storia dell'arte, quella che fa parte dei programmi scolastici, considera solo le arti visive. Va detto a parziale giustificazione, che anche gli antichi consideravano la musica più vicina all'aritmetica e all'astronomia, che alle cosiddette «Arti maggiori». Musica però richiama le Muse, niente meno che figlie di Zeus, e della memoria (Mnemosune). Il fatto è c   ima che veniamo al mondo; infatti, in epoca prenatale, siamo immersi in un ambiente ricco di suoni e rumori, che arrivano al nostro sistema osseo attraverso il corpo di nostra madre.

  La musica è fatta anche di ritmo, e ritmo significa ordine, numero (àritmos in greco) - battito del cuore, respiro, ma anche l'alternarsi di giorno e notte, le stagioni, il moto degli astri. Potremmo dire che la musica è un vero e proprio dono, che ci viene offerto come segno di benvenuto al mondo, un dono però che non basta gustare, ma che, per apprezzarlo fino in fondo, dobbiamo conoscerlo, capirlo, saperlo analizzare, smontare, non per guastarlo, ma per farlo proprio, e per ricrearlo, secondo la nostra sensibilità particolare. Ogni cantante, ogni concertista, ha un suo modo di interpretare uno stesso brano, e questo perché alla fine lo spartito musicale è una storia che abbiamo dentro, e ognuno di noi trova le sue parole per raccontarla. Quindi, se per tutti è fondamentale lo sviluppo della sfera estetica, ossia la capacità di gustare l'arte, ma anche di comprenderne gli aspetti formali, storici, ecc., non si vede perché i non vedenti debbano essere privati di una educazione che sviluppi anche questa sfera fondamentale della persona. In altre parole, ad esempio, se fin dalla scuola dell'infanzia i bambini pasticciano con materiali plasmabili e colorati, potrebbero pasticciare anche con oggetti sonori, realizzando paesaggi sonori, scenette, giochi e favole musicali. Peccato che gli insegnanti non sempre siano preparati a proporre attività di questo tipo.

  Quindi, diciamo che la musica avrebbe tutte le carte in regola per occupare un posto di prestigio, nella scuola e nella vita. Ora, se chi ha il dono della vista può accedere al bello attraverso gli occhi (paesaggi, quadri, monumenti, ecc.), per chi non vede, la via maestra per gustare e capire la bellezza è proprio la musica. Quando noi ci appassioniamo a qualcosa, o, come si dice in molte lingue, «cadiamo in amore», proprio per sottolineare un po' la perdita di controllo, questo entrare in uno stato di estasi, noi desideriamo anche conoscere l'oggetto della nostra passione, vogliamo scoprirlo in tutti i suoi particolari. Così, chi ama la pittura, ad esempio, vorrà scoprire come si fa ad ottenere quel dato effetto ottico, quel dato colore. E chi ama la musica, la ascolta, magari la suona ad orecchio, è naturale che voglia conoscere quel brano entrandoci dentro, come smontandolo, per poterlo capire meglio, per riprodurlo con le sue mani, o con la voce. Questo però richiede alcune abilità e conoscenze, che richiedono l'aiuto sapiente di una guida, di un insegnante.

  Aurelio Nicolodi non era musicista, ma aveva una visione lungimirante della educazione dei ciechi, e, fra le tante eredità che ci ha lasciate, c'è anche la produzione di spartiti Braille, curata dalla stamperia di Firenze, all'avanguardia nel mondo, che ha permesso a migliaia di ciechi di diplomarsi e di guadagnarsi da vivere come insegnanti, concertisti, anche compositori. E sono proprio i «sopravvissuti», ossia un manipolo di ciechi musicisti, che hanno ricevuto il dono di poter studiare, e lo vogliono condividere, perché ricco non è chi ha molto, ma chi dona. Questi musicisti ora hanno al loro fianco tutta l'Associazione, con la rete delle organizzazioni collegate: Irifor, Federazione, Biblioteca, e volontariato.

Ricorderete che lo scorso anno abbiamo ospitato nella sede Toscana la prof.ssa Fiamma Nicolodi, nipote di Aurelio, la quale ha deciso di devolvere la somma di 5 mila euro ogni anno per una o più borse di studio, volte appunto a favorire gli studi musicali. Il 13 dicembre, giorno di S. Lucia, abbiamo premiato due bambine: Pio Aurora di Taranto e Angelica Cominini di Brescia. Le audizioni sono state effettuate attraverso un video, che ha permesso ai commissari valutatori di conoscere direttamente i 7 candidati, tutti giovani ovviamente, la loro passione per la musica e il loro grado di motivazione a studiarla sul serio e non solo ad orecchio. È stata un po' una festa di famiglia, attorno alla telecamera e al microfono. Il padrone di casa era Massimo Diodati, presidente del Consiglio regionale Uici della Toscana; purtroppo il Covid 19 ci ha costretti a diversi spostamenti, e la scelta del 13 dicembre era stata ipotizzata almeno un mese fa. La coincidenza con la Messa online annunciata dalla sede centrale sicuramente ha ridotto il numero delle presenze. Ospiti d'onore la prof.ssa Fiamma Nicolodi, donatrice, e alcuni discendenti diretti di Aurelio Nicolodi. Attorno al tavolo virtuale c'erano alcuni dirigenti locali, e fra il pubblico, oltre ai candidati ed alle loro famiglie, il prof. Paolo Razzuoli, compositore, che, da anni, a titolo di volontariato nel servizio Ottavio Orioli, segue da vicino alcuni dei nostri ragazzi. Ci è venuto a trovare anche il presidente nazionale, nonostante l'increscioso episodio accaduto durante la Messa di S. Lucia; nel suo breve indirizzo di saluto ha ringraziato la famiglia Nicolodi per la loro vicinanza alla Unione, intrattenendosi brevemente con le due giovani vincitrici.

Il 13 dicembre abbiamo raggiunto un traguardo, e, si sa, ogni traguardo è anche un punto di partenza; potremmo dire un trampolino di lancio.

  E cosa vogliamo lanciare noi? Vogliamo lanciare l'idea che la bellezza libera lo spirito, che la musica, quella ascoltata, quella prodotta da ciascuno di noi (suonata, cantata), quando viene anche compresa e, come dire, vista dal di dentro, corrisponde all'aspirazione profondamente umana di accedere alla bellezza. Vogliamo lanciare un appello alle Autorità competenti, affinché si introducano norme che la facciano finita con il modello del «pronto soccorso», quando un cieco o una persona con pluridisabiltà ma musicalmente dotata (e ce ne sono tanti), chieda di accostarsi allo studio della musica. Farla finita con il modello del cercare l'anima buona che dia aiuto all'allievo e consigli agli insegnanti, ma avere a disposizione personale preparato sul territorio. Daremo visibilità alle eccellenze, che ci sono, alleandoci con le numerose associazioni che promuovono gli studi musicali fra i giovani e, perché no, cercando testimonial sensibili.

  Ci riusciremo? Credo di sì, se in 100 anni abbiamo fatto conquiste che molti Paesi ci invidiano, e se continuiamo a crederci tutti uniti.

 

UICI dal 2019 è organizzazione del Comitato Testamento Solidale

  Accogliere, ascoltare, sostenere, tutelare, condividere, includere, sono i valori fondativi dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti che da 100 anni promuove l'uguaglianza dei Diritti con impegno, passione e tenacia, per donare luce ai ciechi, agli ipovedenti, alle persone con disabilità plurime in ogni angolo d'Italia. Donne e uomini animati da puro spirito di volontariato, spesso segnati dalla stessa disabilità, lavorano ogni giorno per offrire risposte a bambini, ragazzi, adulti, anziani. Istruzione, Lavoro, Ri-Abilitazione, Mobilità, Autonomia, Ricerca, sono le principali parole chiave che caratterizzano l'azione dell'Uici. Cittadini tra i cittadini, uguali tra uguali, questo il traguardo che l'Unione persegue, unendo le persone con disabilità visive e plurime in una grande famiglia fondata sulla solidarietà e sull'amore.

  Per info: www.testamentosolidale.org, telefono: 06-69988401, e-mail: lasciti@uiciechi.it

 

Il pirata Ruffino
di Elisabetta Ricci
Seconda parte

Un giorno, un drappello di persone si avventurò verso la casa di Ruffino, sventolando fazzoletti bianchi. Lui sparò un colpo di avvertimento, poi un altro, poi cominciò a inveire, ma quelli avanzarono. Erano i messi comunali che chiedevano udienza per fare una richiesta: i Marchesi delle Ripalte avrebbe comprato una striscia della sua terra per costruire una strada privata, per collegare la tenuta al paese, evitando di passare dalla strada delle miniere, troppo popolata di minatori. Ruffino non parlò mai, disse solo “no” e li mise alla porta. Ci riprovarono tempo dopo raddoppiando l’offerta, ma ottennero un risultato identico, più minacce: “la prossima volta che vi avvicinate, vi sparo”. I figli, tentati dai soldi, provarono a convincerlo, ma lui disse: ”ora è un carro e un cavallo al giorno, poi aumenteranno, poi arriveranno i carri a vapore e sarà tutto finito”.
In comune nessuno ebbe più il coraggio di ritornare, anche i Carabinieri non volevano grane, “Non si può obbligare nessuno a vendere” e i Marchesi si rassegnarono a non avere la strada privata.
Questo era Ruffino, senza timore reverenziale per i Signori aveva messo la sua firma salvando la sua proprietà dalla strada e garantendo la continuità delle loro tradizioni. Ma non aveva fatto i conti con quel marchio che tutti i Sapere hanno, esuberanza mista a curiosità e determinazione.
Alla fine del secolo i tre Ruffini di sentivano ormai degli adulti e scalpitavano come puledri: la vita in campagna era diventata monotona e poco stimolante, il paese scontato e l’isola stretta. Partirono per l’America, verso la mitica e raggiante California e lì niente di meno che la grande città, San Francisco!  I tre fratelli si cementarono tra loro, si fecero conoscere a San Francisco, conobbero uomini straordinari e videro il mondo di fuori.  Tornarono uomini e cominciarono a vivere la loro nuova vita di paese. Superarono indenni la prima guerra, tutti riformati per un difetto cardiaco congenito, che rimarrà nella famiglia per generazioni. Alla fine Ruffino si ricongiunse ai figli. Il suo carattere intransigente si rivelò ancora una volta quando scoprì che Aristide fumava. Gli intimò di smettere e il figlio gli rispose che anche lui fumava e non poteva permettersi critiche.

Lui fece una di quelle che in famiglia chiamiamo “ruffinate”: prese un martello polverizzò le sue pipe e disse: “ora non fumo più”. Ruffino era uomo tutto di un pezzo.

La vita non fu semplice per i Sapere che avevano ereditato dal babbo l’insofferenza per le ingiustizie e uno spirito di immedesimazione nelle sofferenze altrui che rendeva impossibile per loro tapparsi gli occhi e tacere di fronte alle più clamorose violazioni dei diritti umani che il regime di quegli anni perpetrava. Tutti i fratelli abbracciarono i grandi ideali socialisti che circolavano in Europa, che sbarcarono anche sull’isola e misero facili e solide radici delle loro teste di Ruffini. Il sol dell’avvenire splendeva fulgido nel piccolo borgo di un’isola sperduta e riscaldava la vita dei minatori che stentavano ad arrivare alla fine del mese, padri che non riuscivano a sfamare i figli, mentre le malattie straziavano le famiglie. Però i Ruffini, orgoglio del babbo, non tacevano, si fecero sentire e diventarono un problema di ordine pubblico. Italo, il terzo figlio, che divenne il paladino dei minatori e loro referente con le autorità della miniera, ogni sabato veniva messo in cella preventivamente, come possibile disturbatore delle adunanze paesane.Ma non lo intimidirono e quando lo minacciavano, rispondeva aggredendo e mettendo alla porta gli sgherri con cocci di bottiglia in mano. La dolce Alaide, sempre salda al suo fianco, mai una parola, mai una critica, lo sostenne a dispetto di critiche ed emarginazione. Grande donna, piena di risorse, che durante una perquisizione avvolse il piccolo Ario, ancora in culla, nella bandiera rossa del partito, salvando il marito dal carcere.

Italo rimase vedovo troppo giovane, con 4 figli e impazzì dal dolore; si fece crescere barba e capelli, ma non si chiuse al mondo: si inventò uno spaccio alimentare dove i poveri avevano credito e si esaurì per i conti che non tornavano mai, ma resistette per non spengere quel filo di speranza nella solitudine della povertà.

Pasquale il Ruffino, primo dei Sapere, non era certo consapevole che con quei 4 figli avrebbe dato inizio ad un grande clan storico dell’isola, che ha generato un’aura di rispetto e un potente senso di appartenenza che dura da almeno 6 generazioni.

E non è stato il denaro il cemento del clan, ma il senso comune di dare sempre il meglio di sé. I cugini delle varie generazioni sono sempre stati in prima fila negli studi, nella politica, nell’impegno sociale, in professioni svolte con serietà e abnegazione, mai vacillati di fronte alla seduzione della scelta facile del beneficio personale.

Appartenenza che si trova nei nomi ricorrenti: ci sono 3 Alaide, 3 Italo, 3 Ario, 3 Livia, 3 Margherita, 3 Andrea, che mantengono memoria grata di chi li ha preceduti e ha creato il mito del nostro cognome che è sinonimo di onore e rispettabilità.

E anche se molti di noi non si chiamano più Sapere, si sentono comunque parte di un modo di essere composto e fiero, portatori di messaggi di impegno e dignità che ha attraversato le generazioni fino ad arrivare ai nostri piccolini e tante piccoline, nati in questi ultimi anni, tra cui il piccolo Diego Sapere, l’erede della fiaccola.

 

 

L’angolo dei poeti

 

5 X 1000 a Unione Italiana Ciechi

Ma dal commercialista ci sei stato?

E la denuncia dei redditi l'hai fatta?

O invece te ne sei dimenticato

per colpa della tua mente distratta?

 

Guarda! non hai nemmeno ricomprato

un po' di croccantini per la gatta

ti sei perfino disabituato

a rifarti il nodo alla cravatta!

 

Ma guarda un poco come ti riduci?!

Forza, apri un pochino le pupille

e guarda il messaggio che ha mandato l'UCI

 

c'è scritto: Per quest'anno niente sprechi!

Mi raccomando: il cinque 5 per mille

mandalo all'UNIONE ITALIANA CIECHI.

 

Francesco Burroni

(agli amici dell'UCI di Siena)

 

codice fiscale 80002240523

 

IL POPOLO DELLA NOTTE

Una notte d'estate
seduti sotto a un ulivo
con le cicale che cantavano
e un venticello leggero
che regalava un lontano
sapore di mare
lei finalmente gli svelò
il magico segreto
del popolo notturno

il buio non è
una pagina nera
ma una pagina bianca
un terreno vergine
dove i suoni e i profumi
il toccare e l’assaporare
scrivono ogni giorno
la loro storia
lasciando a ognuno
la libertà di inventarsi
le proprie immagini
e di scoprirne altre
che voi che vivete
nel mondo della luce
non riuscite a sentire

lo sanno i poeti
perché anche se loro
vedono davvero il mondo
poi lo fanno sparire
così se il poeta
vede un albero
poi quell'albero non c'è più
il poeta lo trasforma
in una parola
e quando poi il lettore
legge “albero”
non vedrà mai
l'albero che ha visto il poeta
ma si immagina
il proprio albero
forse una quercia
forse un pioppo
forse con le foglie d’estate
forse spoglio d’inverno
forse immobile
forse mosso dal vento

lo sanno gli attori
che ti invitano a teatro
e poi creano artificialmente il buio
per far apparire
dal mondo della fantasia
le loro irreali .creature

lo sanno i musicisti
che fanno sparire da sempre
ogni immagine
e la trasformano in suono
immateriale
e inafferrabile bellezza

così quando io non vedo
ma sento
un profumo di rosa
posso immaginarmi
la “mia” rosa
forse rossa
forse bianca o gialla
forse aperta
forse ancora in boccio

ora hai forse capito
che il buio
non è il mondo
oscuro delle tenebre
ma il mondo vivo
delle immagini
dei sogni a occhi aperti
della fantasia
il mondo di chi riesce
a vedere e sentire
anche un'altra realtà

Francesco Burroni

dedicato a Elena
e agli amici dell'Unione Italiana Ciechi e ipovedenti di Siena

 

 

Antonio Garosi è nato a Siena nel 1971. Vive e lavora a Montepulciano.

Già vincitore dei Concorsi Nazionali: “Giallobirra”, nel 2016 e “Renzino”, nel 2017.

Da Agosto 2020 in libreria con la pubblicazione: “K 550 e altri racconti”.

Presenta ora su “Visto”, suddiviso in due parti, uno dei suoi racconti: A MANI NUDE.

In un freddissimo inverno, l’agente di polizia Lucia Ferrari, insospettita dall’improvvisa comparsa sulla porta del negozio di un’amica di un cartello con la scritta “Vendesi”, decide di indagare su un fatto apparentemente insignificante, per tutti, ma non per il suo istinto di investigatrice. Man mano che va avanti con le ricerche, la poliziotta si rende sempre più conto di aver fatto bene a seguire il suo intuito, fino al rocambolesco finale!

 

A MANI NUDE

Prima Parte.

 

Le piaceva il fruscio dei fogli quando voltava pagina, l’odore d’inchiostro che si mischiava alla sua curiosità per le notizie del giorno.

Guardò l’orologio, dette un’altra occhiata ai vetri appannati posti all’ingresso del bar. Ancora dieci minuti poi Lucia Ferrari, agente di Polizia, si sarebbe ritrovata in mezzo al traffico di quella freddissima giornata invernale.

Sorseggiò il cappuccino, chiuse il giornale, poi si alzò.

«Ciao Michela».

La risposta fu qualcosa che arrivava dal profondo della sua gola.

Allora si accorse delle lacrime che bagnavano il volto della giovane.

La barista restituì lo sguardo, osservò gli occhi verdi della cliente, poi, con espressione spenta, sorvolò sui capelli castani con riflessi ramati.

«Non hai visto il cartello all’ingresso?» senza attendere risposta la condusse all’esterno e le mostrò un cartello verde con la scritta «vendesi».

«Ada Benetti ci ha fatto recapitare una lettera dall’avvocato in cui chiede di lasciare libero immediatamente il locale» poi si fermò un attimo a riflettere.

Solo un attimo. E proseguì:

«Mia mamma è amica della signora Ada; andò a trovarla poco dopo il funerale del povero marito, stava male ma l’aveva accolta amichevolmente. Invece l’ultima volta non l’aveva neanche ricevuta. Così, anni di lavoro per mettere su un bar ben funzionante se ne vanno in fumo» si mordicchiava le unghie.

«Dov’è tua mamma? Posso parlarle?»

«A quest’ora è sicuramente a casa. Vai… vai pure».

 

Suonò il campanello e salì lentamente le scale pensando a cosa doveva chiedere alla signora. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma c’era qualcosa che non le tornava nel racconto dell’amica.

«Michela mi ha detto della vendita del bar» esordì prima di sedersi comodamente su una poltrona.

«Esatto, ho provato a parlare con la mia amica Ada, ma non mi ha nemmeno ricevuto. Si è affacciata alla finestra, mi ha fatto segno di no con il dito e poi mi ha salutato con la mano senza neanche aprire».

Si interruppe ed offrì un caffè all’agente.

La Ferrari rifiutò e la invitò a proseguire.

«Si dice in giro che abbia messo in vendita tutti i locali di cui è proprietaria, appartamenti compresi. E’ completamente impazzita!» commentò con malcelata stizza.

Lucia uscì e si avviò per le vie del centro storico di Sesto Fiorentino, per accorgersi che su tutti i locali, che sapeva essere di proprietà della Benetti, campeggiava un cartello identico a quello già visto all’ingresso del bar.

Notò la tabaccheria del signor Mario che era in vendita, anch’essa. Decise di comprarsi un pacchetto di Marlboro.

«Buongiorno».

«Buongiorno signorina, il solito pacchetto?» il tabaccaio, gentile come sempre, aprì la porta e la invitò ad entrare.

«Il solito, grazie. Ma… ha messo in vendita il locale?»

«Non sono io che l’ho messo in vendita, è stata la signora Ada».

«E la tabaccheria dove si sposterà?»

«Be’, io me lo aspettavo… i signori erano anziani e avrebbero presto deciso di disfarsi dei locali… così mi sono comprato un altro fondo vicino all’ingresso del centro storico» si interruppe voltandosi bruscamente verso la strada.

«Guardi, eccola, poveretta, in compagnia di Eliza» indicò all’esterno.

La donna camminava accompagnata dalla badante romena. Lentamente procedevano in direzione di un negozio di alimentari.

Lucia si affacciò sulla porta del locale e la salutò.

«Buongiorno» rispose la donna che indossava foulard e camicetta rosa, giacca e gonna neri. Portava il pesante cappotto appena appoggiato sulle spalle.

La badante, invece, non rispose affrettando il passo.

L’agente Ferrari si trattenne ancora a parlare con Mario; mentre stavano ancora conversando amichevolmente, accadde qualcosa che attrasse la loro attenzione.

Le due donne, di ritorno verso casa con delle pesanti borse, incontrarono un uomo sulla quarantina che si fermò a parlare.

Lucia tese l’orecchio: le arrivavano frammenti di frasi.

«Non possiamo liberare immediatamente la casa… il bambino sta molto male… dobbiamo andare spesso in ospedale… le cure sono costose…» parlava in modo concitato, agitando le mani.

La signora Ada questa volta non attese, si scansò di lato e proseguì in direzione dell’abitazione.

La badante, invece, si trattenne con l’uomo.

«Non preoccupatevi, parlerò io con la signora, spiegherò la vostra situazione, così potrete restare nella vostra casa».

«Vi ringrazio signora, vi sarò debitore» rispose il poveretto, allontanandosi.

Quando Lucia tornò al bar dell’amica per un pranzo veloce, ripensò a quello che era successo al mattino. C’era qualche cosa in quella storia che… le sfuggiva.

Salì nuovamente dalla mamma di Michela, sperando che le potesse essere d’aiuto.

«Vorrei altre informazioni sulla signora Benetti. Lei sa a chi potrei rivolgermi?»

«Certamente Remo, il vecchio fidanzato di Ada, lui la conosce meglio di tutti, così potrà darti tutte le notizie che desideri».

Telefonò a Remo Zambelli.

«Pronto, signor Zambelli, sono l’agente Lucia Ferrari, della polizia».

«Oh mio Dio; la polizia! E’ successo qualche cosa ai ragazzi?»

«No, no, stia tranquillo. Volevo solo sapere quando posso disturbarla per parlare qualche minuto della signora Ada Benetti?»

Dopo un attimo di riflessione arrivò la risposta: «Venga questa sera intorno alle diciannove».

«Va bene, a questa sera».

Per tutto il pomeriggio sarebbe rimasta in servizio, quindi non avrebbe pensato a quello che era accaduto.

«Buonasera signor Zambelli», si presentò stringendogli la mano, «Sono Lucia Ferrari, la disturbo perché vorrei parlare della sua vecchia relazione con la signora Ada».

 

FINE PRIMA PARTE

 

Bandiere

Grandi farfalle dalle ali di seta

svolazzano nel cielo le bandiere

e intrecciano col vento una segreta

conversazione di frasi leggere

sospinte dal tamburo che le allieta

disegnano arabeschi... linee... sfere...

una spirale... una stella cometa...

dipinti astratti d’incerte atmosfere

poi intrigano e allargano le ali

e intravedi in questa danza immaginaria

corpi di donne esili e sensuali

che avvinghiano il corpo dell’alfiere

e poi fuggono libere nell’ aria

urlando al cielo il loro piacere.

Francesco Burroni

 

 

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